L’Al Bustan International Festival of Music and Performing Arts, l’Ambasciata d’Italia in Libano, l’Istituto Italiano di Cultura di Beirut e il CIDIM (progetto Suono Italiano) presentano il celebre pianista Giuseppe Andaloro, in un recital che abbraccia tre secoli di storia ed evoluzione musicale.
Andaloro, erede della tradizione pianistica di Giuseppe Fiorentino, vincitore di prestigiosi concorsi internazionali quali il Ferruccio Busoni, il London Piano Competition, Il Sendai International Piano Competition, il Porto e l’Hong Kong International Piano Competition, spicca per vastità di repertorio e maestria interpretativa, soprattutto dei maestri russi.
Programma
FRESCOBALDI: Partita sopra l’aria di follia [7 min.]
BACH/BUSONI: Chaconne in D minor from Violin Partita BWV 1004 [16 min.]
LISZT: Hungarian Rhapsody No.12 [10 min.]
RACHMANINOV: Piano Sonata No.1 in D minor Op.28 [39 min.]
- Allegro moderato
- Lento
- Allegro molto
Note al programma
Durante il XV e il XVI secolo la produzione strumentale si divideva essenzialmente tra musiche da ballo e composizioni di ispirazione vocale; verso la fine del Cinquecento però si assistette ad una progressiva ma definitiva emancipazione dalle forme del passato, al fine di esaltare le peculiarità di timbro, natura armonica e melodica dei diversi strumenti. Seguendo dunque la tendenza dei compositori di allora – che spesso concepivano le loro opere ‘per esser sonate sopra ogni sorta de stromenti’ – il primo brano proposto da Andaloro oltrepassa le epoche ed estende le possibilità espressive ad uno strumento a noi contemporaneo, il pianoforte moderno. Girolamo Frescobaldi (1583 – 1643), gran virtuoso all’organo e compositore di genio, fu uno dei primi ad affermare una forma libera e virtuosa, atta ad introdurre altre composizioni, formata da disegni musicali di carattere improvvisativo che dovevano esaltare la bravura e la capacità tecnica dell’interprete.
Nella Ciaccona per violino solo di Bach, Busoni riesce a trattare l’effetto sonoro in senso organistico. Questo “trattamento” nel passaggio dal violino al pianoforte non era visto da Busoni come una forzatura, in virtù di due “verità” apprese proprio dalla lezione di Bach-trascrittore: “che una musica buona, grande, ‘universale’, resta la stessa qualunque sia il mezzo attraverso cui si faccia sentire”; “che mezzi diversi hanno un linguaggio diverso (loro peculiare) col quale comunicano questa musica in modo sempre un po’ differente”. Oltretutto il sommo compositore tedesco appariva a Busoni come un autore che “preferirebbe poter scrivere pure note, senza riguardo a mezzi di esecuzione, che in realtà potrebbero essere in Bach quali che si voglia”.
Con la Rapsodia ungherese n. 12 ci si ritrova d’improvviso per le strade ad ascoltare orchestrine zigane del passato. Lo stesso Liszt dichiara di voler «offrire una sorta di epopea nazionale della musica gitana». Vi dominano il brillante virtuosismo da concerto di Liszt e le sue invenzioni sonore. Un’espressiva introduzione si chiude con un sereno canto, e lascia spazio a un Allegro zingaresco che schiarisce il timbro e propone accenni del meccanico accompagnamento di un’orchestrina da ballo; il virtuosismo (note ribattute e rapidi passaggi sulla parte acuta) alleggerisce del peso materiale e naïf la musica zigana. Un più melodico tema sembra il ricordo di un canto tradizionale, interrotto da un fremente tremolo che introduce un energico tema indicato come Quasi marcia. La seconda parte è annunciata da un acutissimo trillo su cui si innesta una graziosa melodia. La stretta finale, avviata dagli arpeggi della mano sinistra, è una brillantissima corsa di note rapide in un travolgente crescendo.
La Sonata in re minore di Sergei Rachmaninov, della durata di circa quaranta minuti, rivaleggia con la Sonata di Liszt per le difficoltà tecniche ed anche per questo è di rara esecuzione. Composta durante un soggiorno a Dresda nel 1906 e poi rielaborata in varie occasioni, la Sonata fu eseguita la prima volta a Mosca il 17 ottobre 1908 da Costantin Igumnov. Scrive Rachmaninov: « Questo lavoro è naturalmente selvaggio e come infinito. L’idea base è costituita da due caratteri contrapposti che si richiamano ad un soggetto letterario, il Faust. Naturalmente non ho scritto una musica a programma nel vero senso della parola anche se si comprenderà meglio il senso della Sonata se si terrà presente tale soggetto. Nessuno si azzarderà mai ad eseguire tale lavoro perché è troppo difficile, lungo e discontinuo sul piano musicale. Sono stato tentato di trame una sinfonia ma questo proposito si è rivelato impossibile poiché il motivo è tipicamente pianistico»
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